BOLOGNA – Oggi e’ considerato uno dei grandi maestri americani e da alcuni studiosi come anticipatore della Pop Art. Si tratta di Edward Hopper che Bologna, presso le sale del Palazzo Fava, celebra con una interessante mostra visitabile fino al 24 luglio. Hopper utilizzò composizioni e tagli fotografici simili a quelli degli “Impressionisti” che aveva visto dal vero a Parigi, ma di fatto il suo stile fu personalissimo e imitato a sua volta da cineasti e fotografi. La sua vocazione artistica si rivolgeva verso un forte realismo, che combinava la visione figurativa con il sentimento struggente e poetico che Hopper percepiva nei suoi soggetti. Diceva: “non dipingo quello che vedo, ma quello  che provo”.                        Sono circa sessanta le opere di Hopper (morto nel 1967 a 85 anni) esposte a Palazzo Fava, suddivise in sei sezioni che consentono di ripercorrere in ordine tematico e cronologico tutta la produzione dell’artista. Dal “periodo parigino” fino a quello classico e piu’ conosciuto del dopoguerra. Il percorso prende in esame tutte le tecniche predilette dall’ artista: l’olio, l’acquerello e l’incisione. Hopper è stato per lungo tempo associato a immagini di edifici urbani e alle persone che vi abitavano, ma più che i grattacieli egli preferiva le fatiscenti facciate rosse di negozi anonimi e vedute di ponti meno conosciuti. Tra i suoi soggetti preferiti, vi sono scorci di vita nei tranquilli appartamenti della middle class, immagini di tavole calde, sale di cinema, aree di servizio, divenute delle vere e proprie icone. La mostra, curata da Barbara Haskell in collaborazione con Luca Beatrice, è una partnership culturale con il Whitney Museum of American Art di New York, la Fondation de l’Hermitage di Losanna e Arthemisia Group.

Info: www.mostrahopper.it

Foto che illustrano l’articolo: Whitney Museum of American Art di New York